Vado, mi rompo il timpano, e torno


L’errore (metà luglio)

Sharm El-Sheikh. Piattaforme da apnea del Freediving World. Termino la ventilazione, mi fermo un attimo prima di iniziare la capovolta, per raccogliere la concentrazione: il cavo guida è lì, steso nel blu, perfettamente verticale.

Parto.

Apnea_RockZen

Capovolta: mi pare decente. Spingo bene con la monopinna nei primi metri per guadagnare velocità. Compensazione: fluida, tutto “hands free”. Così riesco a tenere la posizione idrodinamica, braccia stese verso il basso.

Vedo passare il segno dei -20 m. sul cavo. Riduco la spinta di gambe. Risparmiare ossigeno.

Compenso per l’ultima volta la maschera. Sono intorno ai -30: basta spingere con le gambe, mi rilasso. Compenso di continuo la pressione nelle orecchie. Per ora è tutto fluido.

Sono in caduta. Guardo il cavo guida scorrere sempre più veloce. Controllo l’assetto, per non perdere la posizione verticale. La luce cambia: il blu è sempre più intenso. Cerco di non pensare ai metri, ma solo a godermi il tuffo, scivolando giù, mi devo far accogliere dalle braccia liquide del mio amico mare.

Dovrei esserci quasi: non resisto alla tentazione, alzo leggermente la testa e il piattello è lì, a -65 m, manca pochissimo. Incomincio ad allungarmi per la virata e sento che l’orecchio destro non è più “a pressione” (forse è stato l’alzare la testa? …ma era di pochi gradi soltanto, giusto una sbirciatina al piattello…). Ma ormai sono lì, dai, ora viro….PAC! Rumore secco di palloncino esploso di fianco all’orecchio destro! Il timpano! Merda!

Inizio a risalire veloce. Aspetto con orrore di sentire il fiotto di acqua fredda fare il suo ingresso nell’orecchio medio e provocarmi dolore e vertigini: sarebbe tipico. Ma per ora nulla. Salgo velocissimo: forse, se la velocità di risalita è super-rapida, la pressione all’interno dell’orecchio si mantiene superiore a quella all’esterno, impedendo l’ingresso dell’acqua – questo è il mio veloce ragionamento. Mi pare che il cavo guida oscilli lievemente davanti ai miei occhi (cosa fisicamente impossibile, avendo 30 kg di zavorra che lo tengono immobile): segno che ho una leggera vertigine da sbalzo pressorio nell’orecchio. Ma non è molto diverso da quando mi tuffo senza maschera, a occhi nudi: sotto una certa quota, non so se per effetto della temperatura o della pressione sul bulbo oculare o che cos’altro, vedo leggermente sdoppiato. Ho una certa abitudine al fenomeno, non mi scompongo e spingo come un dannato con la monopinna. Devo evitare l’allagamento dell’orecchio!

Salgo a velocità mostruosa, ci metto circa 20” a passare da oltre 60 metri alla superficie. Mentre risalgo, in quei pochi secondi, il pensiero va alle settimane, mesi, eoni, che dovrò passare fuori dall’acqua per curarmi il timpano. Ri-merda.

Uscito! Procedura standard: mi attacco al cavo, inspiro per quanto possibile, poi espiro un poco, piano, poi inspiro a pieno polmoni, e poi espiro piano…dò l’OK ad Andrea Zuccari (ndr assistenza impeccabile) e provo subito a compensare: sento che esce un filo d’aria dall’orecchio destro. E’ bucato. Sì, il timpano è proprio bucato. No way. Dolore: zero. Fastidio: zero. Sangue: zero. Bah.

Torno a riva, mantenendo la testa fuori dall’acqua e meditando su quanto sono idiota. Davanti a me, l’ologramma mentale di Umberto Pelizzari che mi insulta.

L’epilogo (fine luglio)

Il forellino nella membrana timpanica era microscopico. E ha iniziato a rimarginarsi subito. Mai avuto dolori. Per una settimana sono stato fuori dall’acqua, mettendo qualche goccia di un medicinale cortisonico/antibiotico, per precauzione, come da prescrizione dell’otorino. Che, nota bene, mi ha permesso di nuotare dopo soli sette giorni (cosa che ho prontamente fatto). A tre settimane dall’incidente (non ancora passate), sempre seguendo le indicazioni dell’otorino, potrò tornare a fare apnea, o quantomeno a provarci con cautela, sincerandomi di non avere complicazioni.

La morale

  1. Il timpano si rompe più facilmente di quanto crediate. Se si è in caduta ad una discreta profondità, la velocità è ben superiore a 1 metro/secondo, e basta esitare un attimo perché accada. Io ho esitato, appunto. Dunque, non esitate: al primo accenno di compensazione latitante, virate immediatamente.
  2. Capita di frequente che la profondità di un tuffo sia determinata dalla compensazione: quando non compensi più, ti giri e risali. Quando la compensazione si fa difficoltosa, non fate troppo affidamento sull’esperienza pregressa nel valutare se la pressione sulle orecchie è ancora accettabile e se potete quindi guadagnare quel mezzo metro in più: io non ho avvertito nessuna pressione particolare, era come tante altre volte. Venivo da due settimane di apnea abbastanza intensa e chissà, magari la membrana era infiammata e indebolita, così ha ceduto prima.
  3. In caso di rottura del timpano, mantenere i nervi calmi e risalire come un siluro sembrerebbe avere dei vantaggi, per quella che è la mia esperienza, almeno se la lacerazione è di dimensioni contenute: probabilmente riduce il rischio d’allagamento dell’orecchio medio.
  4. Ho avuto fortuna (gioca un grosso ruolo nella vita).


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