Lo squalo bianco 2: l’attesa


Terminati i 3 tentativi di adescamento degli squali con foca di moquette (di più non se ne fanno per evitare di influire in maniera permanente sul loro comportamento) passiamo all’immersione in gabbia. Nulla di ciò che si vede nei documentari come gabbie in alluminio che si adagiano sul fondo,  semplicemente un cilindro artigianale con anima in acciaio ricoperta da rete metallica: sulla parte superiore sono fissati dei parabordi, un portello per consentire l’ingresso ed una cima di ormeggio per grosse navi a tenerla vincolata alla barca. A metà altezza della gabbia, un‘apertura per consentire le foto.

Mark, ex broker della city londinese che ha deciso di cambiare vita, inizia a pasturare o meglio infila in acqua un sacco di juta pieno di alici che iniziano così a rilasciare il loro profumino e poi lancia in acqua una testa di tonno vincolata alla barca da una cimetta. Bob nel frattempo tira fuori da un gavone un enorme bastone di 15 cm di diametro con il quale inizia a percuotere il fondo della barca (che spero resista…!!). Pare che queste siano condizioni irresistibili per uno squalo ed effettivamente non rimaniamo soli a lungo.

Il primo ad arrivare è un piccolo bianco che si avventa ingenuamente sulla testa di tonno, ruota su se stesso mostrando metà testa fuori dall’acqua e spalanca la bocca, Mark è però più lesto a recuperare la cima e a rigettare in mare l’esca non appena il selace perde interesse. Il suo occhio è perfettamente tondo e nero. Quando si “sporgono” fuori dall’acqua questi squali protrudono il bulbo oculare in modo da variare l’angolo di incidenza della luce sulla retina. Il loro occhio è infatti progettato per vedere in acqua che è più densa dell’aria, ma in questo modo ci vedono abbastanza bene anche fuori. Anche la rotazione del corpo non è casuale (quasi nulla in natura lo è): avendo la mandibola più arretrata rispetto alla mascella hanno due soli modi per mordere, dal basso verso l’alto, oppure se sono sullo stesso piano della preda devono ruotare su loro stessi. Bene! ora che la lezione di Quark dei poveri è terminata, torniamo al nostro “piccolo amico” il quale deluso dal tentativo andato a vuoto descrive una circonferenza ispezionando i fuoribordo della barca con qualche morsetto ma poi all’improvviso sparisce con un guizzo.

Capiamo tutti che è molto probabile sia arrivato uno squalo più grosso. Ed in effetti non c’è bisogno di scrutare il mare a lungo quando un grosso bianco si mostra in tutta la sua imponenza. Nuota appena sotto la superficie dell’acqua e la presenza del plancton ci impedisce di identificarne bene la sagoma ma non la mole. Nuota lentamente accanto alla barca in uno spazio lattiginoso, la superficie del suo corpo è indefinita rispetto all’acqua che lo circonda al punto da sembrare una presenza eterea, quasi proveniente da un altro mondo. La testa è così grande da sembrare finto.“He’s the boss!” esclama Bob. Qua gli squali sono conosciuti per nome.

Attratto dalla testa di tonno la punta e riesce a morderla. Mark arriva in ritardo e cerca di strappargliela recuperando la cima ma lo squalo è ovviamente più forte ed infastidito da quella resistenza inattesa sbatte la coda contro la fiancata della barca sollevando uno spruzzo d’acqua che mette fuori uso la telecamera di Sara. L’impari battaglia dura pochissimo, lo squalo strappa la cima e si porta dietro il succulento trofeo lasciando il galleggiante giallo librarsi nell’aria. Non si allontana dalla barca, rimane appena sotto la superficie e di tanto in tanto scuote la testa da un lato all’altro.

A questo punto decidiamo di essere in buona compagnia, caliamo la gabbia.



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