“Pizzini” maldiviani
Pubblicato: 13 marzo 2014 Archiviato in: immersioni, Squali, Viaggi subacquei | Tags: crociera subacquea alle Maldive, immersioni, immersioni con squali, immersioni Maldive, Squali Lascia un commentoIl due alberi da crociera è pigramente ormeggiato nelle calme acque della laguna, da qualche parte nell’atollo di Felidhoo. Il venticello caldo carico di salsedine è piacevole. Mai quanto il tonno crudo condito con olio e lime che ho in bocca. Un malcapitato tonnetto pescato dall’equipaggio della barca poche ore fa, mentre noi subacquei eravamo in immersione nella pass di Fotteyo, e loro attendevano la nostra riemersione ingannando l’attesa con la pesca.
Fotteyo. Fugace, nella mia mente si riforma l’immagine dei grandi squali grigi che nuotano indolenti nella corrente; sullo sfondo, la formazione di 25-30 aquile di mare che incede regalmente nel blu, in formazione perfetta. Io, ancorato a un blocco madreporico per non essere trascinato via dalla forte corrente, che assorbo immagini mentali (e azoto).
Il tonno crudo è delizioso.
Che bella pelle hai, squalo volpe
Pubblicato: 19 gennaio 2014 Archiviato in: immersioni, Squali, Viaggi subacquei | Tags: crociera subacquea in Mar Rosso, diving, immersioni con squali, Mar Rosso, Squali, squalo volpe Lascia un commentoDaedalus Reef è lì, piantato nel bel mezzo del Mar Rosso egiziano, con il suo celebre faro, un po’ surreale come il lungo pontile che consente di raggiungerlo dal mare, superando i coralli.
Ma non è il faro il motivo principale per cui ci siamo spinti fin qui in crociera subacquea: lungo le ripide pareti di Daedalus Reef si infrangono forti correnti ricche di nutrienti e la vita sottomarina, di conseguenza, è ricchissima. Immergendosi in questo posto si può incontrare di tutto. In particolare, è uno dei pochi siti subacquei al mondo dove si hanno discrete probabilità di incontrare lo sfuggente squalo volpe. Un animale d’alto mare, che ama il blu e la profondità.
Il raro squalo volpe… è lui, e solo lui, che ho in mente, mentre mi preparo per l’immersione con Alfonso e consorti.
Vestizione, passaggio sul gommoncino, micro-traversata un po’ rocambolesca tra onde e spruzzi (come quasi sempre) e poi, finalmente, GO GO GUYS! Si va in acqua. Rapida discesa, giù veloci. Ci siamo tutti? OK, si inizia ad esplorare il reef, rimanendo intorno ai -25 metri. A rischio di perdermi le bellezze di qualche corallo molle, io, più che al reef, bado al blu dalla parte opposta: è da lì, dalla caduta esterna, che può arrivare quanto di più interessante possono riservare queste acque.
Bam! Lo vedo! E’ lui: una sagoma snella e sinuosa, 15-20 metri sotto di me. Rapido cenno d’intesa con gli altri: in un attimo svuoto i polmoni e sprofondo per raggiungere la quota dello squalo (e chi ha il Nitrox…aloha! Non ci può venire…ecco perché io non lo uso mai).
Ci gira intorno, lo squalo volpe, e sua la pelle è blu cobalto, sericea, con riflessi metallici. Io non ho mai visto una pelle così sottile e dall’apparenza setosa. In una parola: bellissima.
La lunga coda dello squalo volpe si muove morbida, flessuosa (e adesso quelle storie di pescatori decapitati dalla sua coda mi paiono più che mai assurde). Sto immobile e cerco di respirare il meno possibile per non infastidire lo squalo: si sa, è un timido. Come la maggior parte dei suoi simili, ci studia un po’, scivolando nel blu intorno a noi, poi, dopo qualche minuto, decide di andare. E così s’allontana: una sagoma scura che veleggia lontano nella corrente.
Sparito. Un sogno blu.
Squali! Squali! Squali!
Pubblicato: 8 agosto 2013 Archiviato in: Squali | Tags: salvare gli squali, Squali, squalo bianco, squalo mako, verdesche Lascia un commentoCome non condividere questa serie fantastica di ancor più fantastiche infografiche sugli squali?
Impossibile resistere! E quindi eccole qui, cliccate QUI e… enjoy…
Buongiorno Mr Grande Squalo Martello!
Pubblicato: 2 gennaio 2013 Archiviato in: Apnea, immersioni, Squali | Tags: Azzorre, CW Azores, immersioni Azzorre Cetacean Watching Azores, immersioni con squali, Squali, squalo martello Lascia un commentoIl gommone corre veloce sulle onde dell’Atlantico rientrando da un pomeriggio di mare e apnea come solo le isole Azzorre (e il Cetacean Watching Azores) sanno regalare. Scruto la superficie oceanica: ė bella, è ipnotica, è il mio mondo. E poi non si sa mai…
Infatti, davanti all’isola di Faial, sbuca una pinna! Grido, mi alzo, indico. Lo skipper rallenta e aggiusta la rotta per avvicinarsi con un’ampia virata. “Shark! Shark!”, grida lo skipper. Ci avviciniamo ancora di più e finalmente lo distinguiamo: è un Grande Squalo Martello! Il Great Hammerhead Shark, il più oceanico della famiglia dei martello! Sta inseguendo, nervosamente e con inaspettata agilità, una grossa ricciola. Un bel tre metri abbondanti di squalo.
Io neanche penso: ho la muta addosso, afferro e calzo come un automa la monopinna, infilo la maschera, dico “I’m going” e mi calo in acqua, senza badare alle proteste dello skipper e di mia moglie (che non è abbastanza veloce da entrare in acqua…), ma badando piuttosto a non fare troppo rumore per non infastidire l’animale.
Appena il tempo di mettere a fuoco la situazione e subito il martellone perde ogni interesse per la ricciola, puntando deciso ME. Dritto dritto, come solo i grandi squali pelagici sanno fare. E come altre volte in vita mia durante incontri con grossi squali, un pensiero fulmineo attraversa la mia mente: “Oh cazzo!”. Ma so che devo tenere la posizione, fingendo persino indifferenza. Lo squalo arriva ai classici 30 cm dalla faccia – ho una visione ravvicinata del suo faccione e della sua dentuta bocca semiaperta – poi vira di 90 gradi: ha soddisfatto la sua curiosità atavica.
Mentre il mio battito cardiaco riprende, insieme alla respirazione, lui fa ancora un giro completo intorno a me e così lo posso ammirare in tutta la sua magnificenza di predatore dell’oceano: il testone con l’occhio inquisitivo, il corpo slanciato, la pinna dorsale altissima, il colore marrone che vira al grigio-verde, cangiante.
A questo punto lo squalo mi ha evidentemente classificato a metà tra i due estremi “preda” e “predatore”: in pratica, secondo il suo metro di giudizio, sono finito tra i non-buoni-da-mangiare-ma-nemmeno-pericolosi, praticamente un essere irrilevante.
Quindi, con indifferenza, il grande squalo martello prende ad allontanarsi a normale velocità di crociera. Ma io indosso la monopinna! Posso nuotare veloce! E allora nuoto sott’acqua di fianco a lui per almeno una cinquantina di metri, e me lo guardo, sorseggiando il momento. Poi non tengo più il suo passo, scoppio e risalgo. E sono uno shark-obsessed felice…
Non mangiatemi
Pubblicato: 7 ottobre 2012 Archiviato in: immersioni, Squali | Tags: Azzorre, immersioni, immersioni con squali, salvare gli squali, Squali, squali a rischio, squali blu, verdesche Lascia un commentoSe date un’occhiata al banco dei surgelati nei supermercati, è facile che vi imbattiate in tranci di carne di squalo, tipo quello riportato nella foto scattata all’Esselunga di Viale Suzzani di Milano. Tranci così si trovano un po’ in tutti i supermercati italiani.
Il messaggio che voglio darvi è semplice e diretto: non comprate mai carne di squalo. Non mangiate gli squali.
Le motivazioni sono varie e le riporto in ordine casuale.
- Sono animali a rischio estinzione, come altri predatori in cima alla catena alimentare dell’oceano.
- La loro diminuzione, o addirittura la loro estinzione, causa gravi squilibri all’ecosistema marino.
- Uno squalo vivo, oltre ad essere bello, vale molto più di uno squalo morto, perché dà lavoro alla gente: ad esempio i centri diving portano i subacquei ad immergersi con questi animali, dando lavoro a guide, skipper, personale amministrativo, ecc. Inutile dire che con squali vivi e abbondanti, si tratta di un’esperienza ripetibile, che genera reddito per chi è coinvolto. La pesca di uno squalo è invece “una tantum”: dopo che lo hai ucciso, è finita. E la carne, non essendo particolarmente pregiata, è venduta a basso prezzo. Gli squali ci mettono un sacco di anni a raggiungere la maturità sessuale, generano pochi squalotti, quindi la loro cattura ne riduce molto velocemente il numero. Economicamente, la pesca dello squalo è un nonsenso, roba da disperati.
- La carne degli squali non è particolarmente buona e soprattutto è piena di mercurio (ndr questo vale anche per pesce spada e tonno). Il mercurio fa malissimo al nostro organismo, perché può produrre cecità (non è una leggenda metropolitana, come quella legata a certe pratiche adolescenziali…qui è tutto vero) e altri gravi disturbi del sistema nervoso.
- C’è un sacco di altro pesce che non presenta questi problemi e inoltre è buono e anche a buon prezzo (qualche esempio? pesce spatola, palamita, sgombro, sardine, acciughe). Chi dice che questi pesci non sono buoni è perché non ha mai avuto occasione di assaggiarli cucinati come si deve – presto su questo blog ricette a base di pesce 😉
- Assurdo pensare che lo sterminio degli squali sia in fondo una cosa giusta “perché gli squali attaccano l’uomo”: gli attacchi sono rarissimi, è molto più probabile essere colpiti da un fulmine o essere sbranati da un cane. Io ho fatto centinaia d’immersioni con squali, anche grossi e potenzialmente pericolosi, sia in apnea che con le bombole e mai, dico mai, ho visto il benché minimo accenno di aggressività nei miei confronti.
- E poi, gli squali sono troppo belli per essere mangiati…Questo breve filmato girato con la GoPro non riesce (a causa della mia imperizia) a fare completa giustizia della composta eleganza di questi curiosissimi figli di Nettuno che ho incontrato più volte al largo delle isole Azzorre. Ma almeno un’idea ve la può dare.
Per la cronaca, in Italia gli squali più comuni sul banco del pesce sono la verdesca, o squalo azzurro, o squalo blu (la specie del filmato), il palombo o nocciolino, lo smeriglio, il mako. Lasciateli perdere. Non com-pra-te-li. Protestate con la direzione del supermercato. E compratevi invece altri pesci la cui pesca o allevamento è ecosostenibile: farete un gran bene alla salute di mari ed oceani. E forse i vostri figli e nipoti potrenno nuotare in mari ricchi di creature marine, anziché in acque senza vita. Pensateci.
Il sorriso dello squalo zambesi
Pubblicato: 9 aprile 2012 Archiviato in: Apnea, Squali, Strane storie di mare e di acqua | Tags: Apnea, Diving Oman, immersioni con squali, Squali, squali pinna nera, squalo Zambesi Lascia un commentoUltimo giorno in Oman. Il classico velo di tristezza su tutto, anche se la luce è già vivida e il cielo è limpido in questo inizio di mattinata.
Noi, la famiglia Zen, siamo lì a bighellonare nei pressi del bagnasciuga.
Sono contento: mio figlio Marco ha familiarizzato in acqua con qualche piccolo esemplare di squalo pinna nera spintosi fin quasi sul bagnasciuga per papparsi un grosso cefalo. Il cefalone è stato ferito da uno squalo ed è finito sulla spiaggia. Prontamente raccolto e ributtato in acqua da Elisabetta, ha attirato nuovamente gli squalotti che già lo avevano cacciato. Vedere mio figlio che in acqua nuota dietro gli squalotti mi fa pensare che forse avremo un futuro in mare insieme…
Decido di dedicare una porzione significativa della mattinata ai “miei” squali pinna nera che vivono all’imbocco del fiordo (leggi). Mi ci sono affezionato. Forse si tratta di una popolazione stanziale: tutti i giorni sono andato a trovarli e li ho quasi sempre avvistati, anche se in alcune occasioni erano un gruppetto sparuto.
Vado nel solito posto e dopo una tranquilla ventilazione mi apposto in apnea sul fondo. Poco dopo arrivano. Sono in numero maggiore delle altre volte. Davvero tanti, una ventina. E ci sono molti esemplari grossi, lunghi oltre due metri. La maggior parte sono maschi, mentre solitamente predominavano le femmine. Mi domando se si tratti della stessa popolazione osservata tutti i giorni nelle due settimane passate lì. Penso di no. In mezzo agli squali che mi ruotano intorno, compare un’aquila di mare, anche lei curiosa, poi un’altra subito dietro.
Che giornata! Riemergo. Recupero. Mi preparo. Respirone. Scendo. Mi apposto dietro la solita roccia. Gli squali pinna nera sono subito pronti a fare carosello. Mi godo quella vista privilegiata: una popolazione ampia e di grandi dimensioni di squali pinna nera, poco diffidenti, un esemplare dietro l’altro che mi sfila davanti, di lato, dietro (ehh ogni tanto un’occhiata dietro la dò, alla fine sono dei predatori, non si sa mai).
Giro lo sguardo verso destra e lo vedo: grosso, corpulento, colorazione scura, è un grosso squalo zambesi, nessun dubbio. E’ ancora lontano, ai limiti della visibilità, che oggi è miracolosamente di 15-20 venti metri. La mia apnea si fa meno rilassata. Stimo che lo squalone sia sui tre metri. E nuota dritto verso di me, senza esitazioni.
Si avvicina. Distinguo bene il muso da cattivo. La massa del corpo è veramente notevole. Mi domando se devo preoccuparmi. E mi rispondo che devo stare tranquillo, come sempre. Mai avuto problemi con gli squali? Naaahhh! Ma il bestione si avvicina ancora, in un attimo arriva a venti centimetri da me, davanti alla maschera: porca vacca che sorriso!!! Ho un sussulto. Del tutto involontario, perché vorrei essere tranquillo, ma non lo sono mica tanto. Al mio brusco scatto di nervi lo squalo reagisce come se fosse stato colpito da una scarica elettrica: inverte letteralmente la rotta e se ne va da dove era venuto, a velocità sostenuta.
Sono basito. Faccia a faccia con uno zambesi, che se l’è filata al primo imprevisto! Risalgo dall’apnea lunghissima. Recupero respirando dallo snorkel, fatico a trovare qualla condizione di pace mentale che prelude a buone apnee. Battito del cuore accelerato, sono un po’ ansioso e guardo di continuo il fondale, in tutte le direzioni. Urca, uno zambesi grossissimo! Non sono tranquillo. Va bene avere confidenza con gli squali, va bene stare più a mio agio sott’acqua che fuori, ma quello era pur sempre un grosso squalo zambesi, probabilmente più confuso di me… insomma… Ritorno sott’acqua per vedere se torna. Niente: arrivano i pinna nera, ma dello zambesi nessuna traccia. Mi sposto, riprovo: ancora niente. Dopo una decina di minuti, decido di andarmene: magia finita.
Oceani più poveri senza gli squali
Pubblicato: 4 febbraio 2012 Archiviato in: Squali | Tags: commercio pinne di squalo, conservazione oceani, conservazione squali, estinzione squali, finning, Sea Shepherd, Squali Lascia un commentoUna bella infografica che mostra il dramma di questi animali bellissimi, ben avviati sul cammino dell’estinzione – chi legge il nostro blog sa quanto magnifici siano questi animali. Il cattivo stato di conservazione di molte specie di squalo dipende dal finning, la pratica inumana di taglio delle pinne di squalo (per preparare l’insulsa zuppa di pinne di pescecane), oltre che dalla pesca indiscriminata e non selettiva, dal cattivo stato in cui versano molte acque e, in definitiva, della scarsa informazione sul tema. Informatevi . date una mano a difendere gli squali. Aiutate Sea Shepeherd, loro proteggono (sul serio) squali, cetacei e gli oceani in generale: donategli qualcosa, comprate le loro magliette e i cappellini, aiutateli! Noi lo facciamo!
In definitiva, è una lunga storia di incomprensione e stupidità umana quella che caratterizza la convivenza tra sapiens sapiens e squali. Noi di Stobenenelblu di squali ne abbiamo visti a bizzeffe, di ogni tipo e in ogni oceano, in apnea e con le bombole, e non abbiamo mai avuto problemi, mai un’aggressione – personalmente ho molti più problemi con le auto, girando in scooter in città…
Sua maestà lo squalo pinna bianca oceanico – atto 1
Pubblicato: 18 gennaio 2012 Archiviato in: immersioni, Squali, Strane storie di mare e di acqua, Viaggi subacquei | Tags: crociera subacquea in Mar Rosso, Elphinstone, immersioni, immersioni con squali, longimanus, Mar Rosso, Squali, squalo pinna bianca oceanico 1 CommentoNon è ancora il tramonto quando arriviamo a Elphinston. Solita sarabanda della shamandura, ma alla fine attracchiamo a Punta Sud. Siamo una delle due barche da crociera (subacquea of course!) ancorate al mitico reef pelagico. Uau. Le onde corte e nervose del Mar Rosso egiziano biancheggiano come una corona intorno all’atollo corallino. Appena più all’esterno il mare diventa subito blu. Intensamente blu. Un blu promettente…
Infatti. Dopo pochi minuti, intorno alla barca appare un Carcharinus Longimanus di quasi quattro metri. Comincia a fare “passaggi” sotto ed intorno alla barca. Con Elisabetta, Sara, ed Alfonso ci guardiamo: un Longimanus! Enorme! Come intuibile, Alfonso ed io siamo eccitatissimi. Le scimmiette nelle nostre testoline corrose dal sale saltano impazzite.
E’ tardi per un’immersione. Ma io sento che devo fare QUALCOSA. C’è un longimanus lì sotto, io sono sulla barca e non va bene, devo fare qualcosa, me lo dice la scimmietta più schizzata. So che è uno squalo pelagico con una bruttissima fama, e inoltre siamo ormai al tramonto, non è certo l’orario più indicato per un faccia a faccia con un simile bestione. Ma io voglio entrare in acqua. Devo vederlo da vicino. Voglio il contatto. Lo dico ad Alfonso: lo conosco, già si immagina delle bellissime fotografie. Tuttavia non è convinto. Ne parlo con le due guide. Susanna, una ragazza sarda tosta come il granito di Capo Testa è tiepidina circa l’dea di entrare in acqua. Tortsten, la guida tedesca fino al midollo, è contrario – ma va? chi se lo sarebbe mai aspettato da un tedesco?
Alla fine prendo una decisione: W gli squali, sento che andrà tutto bene, me ne catafotto del tedesco e di Susanna e di tutti. Alfonso è sopraffatto dalla ragione e rinuncia. Ma, glielo leggo in faccia, si è istantaneamente pentito della sua decisione di non scendere in acqua. Prendo maschera e snorkel e mi calo lungo la scaletta di poppa. Mi aggancio con un piede ad un gradino in alluminio della scaletta e mi allungo nella corrente. Che è forte come quella di un fiume in piena, una massa d’acqua che viaggia a svariati nodi all’ora. Se il piede scappa sono guai.
La visibilità è eccezionale. Mi guardo intorno con un po’ in apprensione… Poi lo vedo, sulla destra, ad una quindicina di metri di distanza. Le grandi pinne pettorali distese, con le macchie bianche che si stagliano sul corpo nocciola. Nuota apparentemente senza sforzo, attorniato da alcuni pesci pilota, è un autentico feudatario del mare.
Passa lontano, guardingo, e poi sparisce nel blu. Mi guardo dietro le spalle, di lato, nervoso. E compare ad un paio di metri da me, arrivando da dietro, alla mia destra. Questa volta mi sfila davanti a pochi centimetri. E’ bellissimo. Un grande squalo del blu dal nuoto regale. Scompare ancora una volta dal mio campo visivo. Poi lo vedo di nuovo… ma… no! è più piccolo… È un altro! Sono DUE Longimanus! Questo è più piccolino, meno di due metri. Ma ugualmente elegante.
Me ne sto lì un bel po’, gongolando a vederli passare avanti indietro. Questi sono gli spettacoli che preferisco.
Quando esco, a parte qualche sguardo di riprovazione, capisco di aver creato un precedente: il Longimanus è entrato nelle fantasie subacquee di tutti gli ospiti di bordo (non dell’equipaggio egiziano, che manifesta un autentico terrore nei confronti del grande squalo). E infatti iniziano le pianificazioni per l’immersione delle 6.30 del mattino successivo – i pensieri nell’aria sintetizzabili più o meno così “Chissenefrega del plateau sommerso, del pesce napoleone e dell’arco con la ridicola tomba dell’elfo a -55, vogliamo vedere i Longimanus!”. E’ previsto un giorno e mezzo qui a Elphinstone: non ci sarà spazio per la noia…
Lo squalo bianco 2: l’attesa
Pubblicato: 16 novembre 2011 Archiviato in: immersioni, Squali, Viaggi subacquei | Tags: immersioni con squali, Squali, squalo bianco, Sudafrica Lascia un commentoTerminati i 3 tentativi di adescamento degli squali con foca di moquette (di più non se ne fanno per evitare di influire in maniera permanente sul loro comportamento) passiamo all’immersione in gabbia. Nulla di ciò che si vede nei documentari come gabbie in alluminio che si adagiano sul fondo, semplicemente un cilindro artigianale con anima in acciaio ricoperta da rete metallica: sulla parte superiore sono fissati dei parabordi, un portello per consentire l’ingresso ed una cima di ormeggio per grosse navi a tenerla vincolata alla barca. A metà altezza della gabbia, un‘apertura per consentire le foto.
Mark, ex broker della city londinese che ha deciso di cambiare vita, inizia a pasturare o meglio infila in acqua un sacco di juta pieno di alici che iniziano così a rilasciare il loro profumino e poi lancia in acqua una testa di tonno vincolata alla barca da una cimetta. Bob nel frattempo tira fuori da un gavone un enorme bastone di 15 cm di diametro con il quale inizia a percuotere il fondo della barca (che spero resista…!!). Pare che queste siano condizioni irresistibili per uno squalo ed effettivamente non rimaniamo soli a lungo.
Il primo ad arrivare è un piccolo bianco che si avventa ingenuamente sulla testa di tonno, ruota su se stesso mostrando metà testa fuori dall’acqua e spalanca la bocca, Mark è però più lesto a recuperare la cima e a rigettare in mare l’esca non appena il selace perde interesse. Il suo occhio è perfettamente tondo e nero. Quando si “sporgono” fuori dall’acqua questi squali protrudono il bulbo oculare in modo da variare l’angolo di incidenza della luce sulla retina. Il loro occhio è infatti progettato per vedere in acqua che è più densa dell’aria, ma in questo modo ci vedono abbastanza bene anche fuori. Anche la rotazione del corpo non è casuale (quasi nulla in natura lo è): avendo la mandibola più arretrata rispetto alla mascella hanno due soli modi per mordere, dal basso verso l’alto, oppure se sono sullo stesso piano della preda devono ruotare su loro stessi. Bene! ora che la lezione di Quark dei poveri è terminata, torniamo al nostro “piccolo amico” il quale deluso dal tentativo andato a vuoto descrive una circonferenza ispezionando i fuoribordo della barca con qualche morsetto ma poi all’improvviso sparisce con un guizzo.
Capiamo tutti che è molto probabile sia arrivato uno squalo più grosso. Ed in effetti non c’è bisogno di scrutare il mare a lungo quando un grosso bianco si mostra in tutta la sua imponenza. Nuota appena sotto la superficie dell’acqua e la presenza del plancton ci impedisce di identificarne bene la sagoma ma non la mole. Nuota lentamente accanto alla barca in uno spazio lattiginoso, la superficie del suo corpo è indefinita rispetto all’acqua che lo circonda al punto da sembrare una presenza eterea, quasi proveniente da un altro mondo. La testa è così grande da sembrare finto.“He’s the boss!” esclama Bob. Qua gli squali sono conosciuti per nome.
Attratto dalla testa di tonno la punta e riesce a morderla. Mark arriva in ritardo e cerca di strappargliela recuperando la cima ma lo squalo è ovviamente più forte ed infastidito da quella resistenza inattesa sbatte la coda contro la fiancata della barca sollevando uno spruzzo d’acqua che mette fuori uso la telecamera di Sara. L’impari battaglia dura pochissimo, lo squalo strappa la cima e si porta dietro il succulento trofeo lasciando il galleggiante giallo librarsi nell’aria. Non si allontana dalla barca, rimane appena sotto la superficie e di tanto in tanto scuote la testa da un lato all’altro.
A questo punto decidiamo di essere in buona compagnia, caliamo la gabbia.
Lo squalo bianco I: acrobata tra cielo e mare
Pubblicato: 25 ottobre 2011 Archiviato in: immersioni, Squali, Viaggi subacquei | Tags: immersioni con squali, Squali, squalo bianco, Sudafrica Lascia un commentoLa traversata è breve, 30 minuti nel buio pesto, quando di colpo il motore rallenta e tutti iniziamo a scrutare in attesa di segnali di predazione naturale.
Il mare è grigio, una distesa di piombo fuso e l’alba inizia a farsi strada nel buio affondandvi le lunghe dita di luce. Regnano la calma ed una leggera onda lunga, tipica dell’Oceano.
All’improvviso un grande spruzzo e l’acqua si tinge di rosso. La foca giace agonizzante, lo squalo si allontana e poi ritorna. Questa scena si sussegue per tre volte ma è troppo rapida, è ancora troppo buio ed è imprevedibile il punto in cui si verificherà quindi impossibile da fotografare. Tra me e me penso: “se continua così siamo messi male”.
Nel frattempo il sole inizia a sorgere, l’umidità ed il freddo della notte lasciano il posto ad un piacevole tepore e la luce diventa mia alleata. Bob tira fuori da un gavone un pezzo di moquette modellato a forma di foca; lo scopo è trascinarla sull’acqua con una lenza sperando che lo squalo possa scambiarla per una foca vera e fare il salto in cui speriamo tutti. Non ci vuole molto prima che il nostro amico venga a farci visita. Pochi minuti dopo, infatti, un bianco non grandissimo (all’anagrafe dei biologi Carcharodon carcharias) di circa tre metri esce completamente fuori dall’acqua con tutto il corpo. Il rapporto peso/potenza è evidentemente molto vantaggioso vista comunque la sua mole. Il corpo è inarcato dallo sforzo, si distinguono chiaramente la zona dorsale grigio scuro, la parte ventrale bianca e l’occhio nero. La moquette è stretta tra i denti e sembra rimanere sospeso in aria per dei secondi, poi ricade pesantemente sull’acqua mollandola e sparisce deluso nel blu. La scena è velocissima e sorprende tutti, la foto è inservibile, tagliata a metà. Gli sguardi si incrociano, Mark, Bob ed io ci guardiamo in un misto di delusione e stupore e senza dire nulla ci prepariamo per il secondo tentativo.
Questa volta va decisamente meglio, dopo pochi secondi un possente corpo affusolato grigio e bianco emerge dall’acqua. Il salto si sviluppa parallelamente alla superficie e non in altezza forse per l’eccessiva mole dell’animale. Lo squalo agguanta la foca si avvita su se stesso ricadendo in acqua e sparisce. Stavolta i riflessi sono stati pronti e porto a casa un bel testone di squalo bianco in mezzo agli spruzzi. Sono contento! Anche Bob è soddisfatto e con il suo viso tondo, occhietti verdi e vispi ed un berretto di lana tirato sulla fronte mi sorride chiedendomi “Did you get him?” ed io gli rispondo “Oh yeah!”.
Sarebbe ora di andare ma lo skipper mi legge nel pensiero e vira di nuovo verso la costa mentre Mark prepara la foca di moquette per un ultimo tentativo. Dopo la virata il sole è di poppa, non proprio il massimo, ma ho appena il tempo di prendere posizione che uno squalo salta di nuovo abbandonando per qualche secondo il proprio mondo per sbirciare nel nostro. E’ abbastanza grande ma molto snello, agguanta la foca di moquette e si libra nell’aria per qualche istante mostrando il fianco prima che la forza di gravità lo risucchi a casa sua. In controluce, è quasi impossibile scorgere i diversi colori della pelle, solo una silhouette che si staglia nitida sull’azzurro del cielo. Ricade pesantemente facendo perdere le proprie tracce, quasi a volerci invitare a fare altrettanto ed infatti anche noi mettiamo la prua verso casa.
Sulla via del ritorno siamo tutti di buon umore e ci concediamo un panino commentando la bella giornata di mare. Quando ad un tratto i volti dell’equipaggio si contraggono nello sforzo di ascoltare un comunicato alla radio, sovrastata dal rumore del motore. Bob alza il braccio per invitarci al silenzio, poi s’incupisce all’improvviso. Mi avvicino per chiedere cosa fosse successo e Mark mi urla nell’orecchio che una barchetta di pescatori di 5 mt. si è capovolta.
Da queste parti a Seal Island in Sudafrica, in pieno luglio, l’acqua è a 14° ed è piuttosto mal frequentata: dei pescatori non si ebbe più notizia.